sabato 19 dicembre 2020

Ho una storia in testa e vorrei svilupparla, ma ho bisogno di rassicurazioni.

Uno scrittore, si sa, ha bisogno di qualcuno che lo legga. Da sempre. 

Diffidate da chi dice: "scrivo solo perché mi piace farlo"; "non mi interessa se mi leggono oppure no"; "io scrivo per me".

Non è vero, e chi lo dice non è sincero, altrimenti scriverebbe il proprio diario segreto senza dire a nessuno di farlo.

Uno scrittore scrive perché vuole che qualcuno legga quello che ha scritto, che condivida ciò che pensa, che diffonda ciò che sente di dover diffondere. È insito nell'uomo, perché fa parte del processo di comunicazione: parlo perché voglio essere ascoltato.

Avrete sempre sentito dire che la scrittura è un processo solitario, fatto di giornate silenziose, caratterizzato da infiniti dialoghi con il proprio io, e questo corrisponde a verità anche se fino a un certo punto. 

Se è vero infatti che quando ci si mette a scrivere, fisicamente parlando, si è soli con il proprio pc/quaderno/tablet (a meno che non si scriva in coppia o in gruppi di persone), è anche vero che il modo in cui si scrive e crea varia di persona in persona, di situazione in situazione.

Esistono autori abituati a scrivere a fasi alterne, magari ascoltando musica di vario genere; ne esistono altri che non riescono a riflettere neanche su una frase se non in religioso silenzio; ce ne sono altri ancora che preferiscono essere circondati dalla natura, qualunque essa sia, o di immagini capaci di farli immedesimare nel contesto scelto per il loro romanzo. 

E poi ci sono quelli che si avvalgono di amici, conoscenti, lettori professionisti o semplicemente lettori forti, passando a loro le storie a mano a mano che procedono con la stesura.

Ci sono quelli che scelgono di scrivere racconti o romanzi a puntate sulle piattaforme di scrittura.

Ci sono quelli che aprono un blog e condividono con il pubblico quello che pensano.

Le motivazioni che spingono un autore ad agire in questo o quel modo possono essere le più disparate, ma per esperienza personale posso dirvi che farsi leggere via via che si scrive funziona. 

Funziona alla grande.

Partiamo dalla figura del BETA READER, ovvero il "lettore di prova". Il beta reader può essere uno o più di uno, può essere un lettore professionista, un editor o un amico, e la sua funzione è quella di leggere e dire, con sincerità, tutto ciò che il manoscritto affidatogli ha suscitato in lui. Può trattarsi di un beta in itinere, ovvero un lettore che legge a mano a mano che procede la narrazione, oppure un beta finale, che valuterà il romanzo nel suo insieme.

Il beta reader ha più valenze, per lo scrittore, ognuna più indispensabile dell'altra.

- La valenza emozionale: spiega tutte le sensazioni che ha provato nel leggere;

- la valenza tecnica: fa presente le incongruenze, le sviste;

- la valenza emozionale su larga scala: unisce sensazioni personali a visioni d'insieme percepite dal lettore medio;

- la valenza strutturale: sta attento alle variazioni caratteriali dei personaggi, monitora l'andamento della trama, ha un quadro generale delle situazioni e, in base a questo, rende note debolezze e problemi;

- la valenza di rifinitura: solitamente beta finale, va a caccia dei refusi.  

Il beta reader non sostituisce un editor o un correttore di bozze, ma aiuta l'autore a esprimere al meglio quello che è il suo potenziale. Solitamente gli autori un po' più navigati hanno una vera e propria squadra di lettori, a volte usati in contemporanea, a volte selezionati in base al genere prescelto per la loro storia.

Facciamo un esempio.

Anna scrive romanzi d'amore, ma scrive anche romanzi thriller. Anna ha una rosa di cinque beta reader, due ferrati sul genere romance, due sul genere thriller, uno "onnivoro". Inoltre, ha un lettore "cecchino" che scova anche il più piccolo errore di battitura (infidi, che si annidano dove è quasi impossibili trovarli!). 

Per il suo nuovo libro Anna ha deciso di cimentarsi in un romance erotico, quindi chiede ai primi due beta di aiutarla a leggere a mano a mano che procede con la storia e all'ultimo di dare una lettura finale alla storia. Dato che ci saranno delle scene di sesso, e non è avvezza a scriverle, cerca qualcuno che possa aiutarla in tal senso. Infine, dopo l'ennesima rilettura da parte sua (perché ce ne vogliono molte) passa il romanzo al cecchino che la aiuta a presentare alla casa editrice ( o all'editor a cui si affiderà) un lavoro pulito, perlomeno il più pulito possibile (perché l'editor, o la casa editrice, non raccolgono spazzatura: per lavorare al meglio, hanno bisogno di un testo che sia il più corretto possibile in modo da dare il meglio di sé nel tirare fuori il meglio dell'autore).

Il beta reader, per essere valido, deve essere un forte lettore, deve avere una certa conoscenza del genere che sta leggendo (un lettore di scifi difficilmente apprezzerà un erotico, quindi il suo giudizio sarà estremamente dannoso per l'autore che, invece, ha bisogno di sapere se ciò che sta scrivendo è valido e, come abbiamo detto in calce, ha necessità di essere rassicurato e spronato) e deve essere sincero: perlomeno un paio su tutti quelli che leggeranno il manoscritto devono esserlo per forza. 

Perché parlo di un paio su tutti? Perché lo scrittore ha sì necessità di essere messo davanti alla realtà, ma ha anche bisogno di sentirsi coccolato, ogni tanto, e avere una persona che gli fa i complimenti è necessaria al suo ego per spronarlo ad andare avanti.

Ma dove si trovano questi beta reader? Se Anna è una misantropa che vive come Leopardi in una villetta di campagna sperduta in chissà quali valli, ha difficoltà a farsi degli amici e i pochi che ha di leggere proprio non hanno voglia, dove va a sbattere la testa?

Nei gruppi di lettura. Anna entrerà nei gruppi di lettura e chiederà il permesso all'admin di scrivere un annuncio in tal senso. Oppure chiederà aiuto tra la cerchia di autori che è caldamente invitata a conoscere (perché puoi essere misantropo quanto vuoi, ma la scrittura, ricordiamoci, è condivisione. Anche tra colleghi).

Ma.

Ma se Anna, pur provandoci, è una tipa misantropa per timidezza? Se proprio non riesce a trovare lo slancio adatto a chiedere, a sbilanciarsi, a "buttarsi" in un'amicizia o in una semplice richiesta?

Anna aprirà un blog. Magari sotto pseudonimo, ma aprirà un blog. Semplice, lineare, che non deve rendere conto a nessuno e che non richiede altri sforzi che lo scrivere e condividere.

E se Anna non riesce a capire come fare, non ha la testa per stare dietro a quello che vede come un impegno troppo gravoso? Perché, mi preme dirlo, un blog deve essere costantemente aggiornato e vissuto, altrimenti non diventerà mai visibile nell'oceano sconfinato di internet.

Anna entrerà su una piattaforma di scrittura, che sia EFP, Wattpad o Edizioni Open (ce ne sono svariate, cercate!), pubblicherà i suoi racconti o i suoi romanzi a puntate, entrerà in contatto in maniera "passiva" con altri lettori e scrittori e si creerà un piccolo giro di contatti.

Il punto è uno: farsi leggere. Non per vendere, non per guadagnare, ma per comunicare e condividere ciò che si ha dentro.

Perché scrivere deve essere e rimanere prima di tutto questo. I soldi e tutto ciò che è lavoro arriva dopo e deve essere comunque parallelo all'amore per la scrittura. 

Oh, non pensiate che il mio sia un discorso da idealista: se non scrivete con il cuore, il lettore se ne rende conto e vi saluta. E voi, a quel punto, non avrete più né il potenziale lavoro né la passione che vi ha spinti a iniziare.

Condividere. Comunicare. Scrivere.

Alla prossima! 

Photo by Bethany Laird on Unsplash


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